martedì 23 agosto 2016

Guardando una tua foto


Onde piccole e leggere si avvicinavano teneramente alla battigia accarezzandola con delicatezza, quasi avessero paura di farle male. Un rumore sommesso di ciottoli che rotolavano facevano da controcanto allo scorrere lento dell'acqua. In alto i gabbiani volteggiavano felici disegnando improbabili linee di Mirò nel cielo terso di quel mattino di luglio.

Lei si porta la mano sugli occhi per osservarli e nel fare questo i riccioli biondi le scivolano sulle spalle lasciandole scoperte. Lui è un po' più indietro, fermo a guardarla camminare. Lei, a piedi scalzi fa un passo avanti e un'onda le avvolge le caviglie girandole intorno.
Lui non riesce a staccare gli occhi dalle forme aggraziate delle sue gambe. Hanno passeggiato così, in silenzio per qualche minuto, poi lei aveva staccato la mano dalla sua per avvicinarsi alla riva e lui non l'aveva seguita.
Lei si volta, sorpresa che non fosse subito dietro e nei suoi occhi un raggio di sole si riflette in quello scuro immenso.

Quando la vide per la prima volta pensò che il colore degli occhi di lei era diverso da tutti gli altri e che guardarla negli occhi sarebbe stato come nuotare in un mare di notte. Quei mari estivi, calmi e silenziosi, quando la superficie dell'acqua pare essere fotografata, quando anche la luna sembra incantata e si riflette piena, facendo danzare riflessi argentei insieme alle piccole increspature che un vento malizioso alza solo per la gioia di quei pochi che hanno gli occhi per sognare seduti a guardare quel mare.

Lui è totalmente perso in questo pensiero, Lei continua a guardarlo, Lui pensa al tempo perso senza averla conosciuta, pensa al tempo che gli rimane per non perderla mai più. Lei lo guarda ancora e poi sorride. Avanza piano verso di Lui e sempre sorridendo lo bacia per la prima volta sulle labbra. Un bacio silenzioso come il mare di quel giorno e inaspettato come la pioggia di un giorno d'estate che lo coglie del tutto impreparato e indifeso.
Un sapore dolce, di frutta d'estate il profumo dei suoi capelli che gli carezzano la guancia. Muto, totalmente perso in mille sensazioni dimenticate. Il cuore che batte come il motore di una Harley... veloce, veloce, veloce...

Quando finalmente ritrova la forza di guardarla Lei è sempre lì, ferma, con gli occhi stampati nei suoi e Lui ha la sensazione di annegare in quel mare troppo bello per essere vero.

Ora camminano lenti, le mani di nuovo vicine a sentirsi, le dita a dirsi che esistono veramente. Piccole scariche di elettricità che corrono dalle loro estremità diritte ai loro cervelli per poi precipitarsi nei loro cuori, per metterli in moto e farli volare in alto insieme a quei gabbiani che avevano dato il via a tutto.

Seduti, in cima al molo, all'ombra del piccolo fanale rosso, parlano fitti e Lei ora sta ridendo, come Lei sola sa fare. Come nessuna aveva mai fatto. Le mani sempre vicine a sfiorarsi. Parlano della vita, dei sogni, dei giochi, dei figli, del buono della loro vita e di quello che li ha fatti soffrire. Qualche volta si fermano a guardarsi come la prima volta in quella penombra strana.

Parlare con Lei non gli fa male. Il suo sorriso è capace di guarire le ferite, ha il potere di far risplendere il sole negli antri più bui. Il suo sorriso rende dolce l'amaro, il suo sorriso riesce a far sorridere anche Lui. La guarda, la guarda, la guarda e pensa che non esiste nulla di più bello al mondo.

Lei parla veloce e sembra non volersi fermare mai più: musica, arte, libri, viaggi. Parla di tutto e Lui spera che non si fermi mai, che non si accorga che il tempo sta volando via.

L'azzurro del cielo si trasforma lento virando lentamente all'arancione e poi al rosso. Piccole nuvole candide prendono lentamente fuoco quando il cerchio del sole le attraversa per appoggiarsi sulla lunga linea dell'orizzonte.
Ora c'è silenzio, solo mare e cielo che si sfiorano piano come fanno due amanti prima di addormentarsi stretti l'uno nelle braccia dell'altra.

Piano, con dolcezza il sole cala il capo e scompare dopo l'ultimo lampo di luce. Loro si alzano, Lui la guarda e con il dorso della mano destra le sposta un ricciolo che le copre l'occhio sinistro e nel fare questo gesto le accarezza quasi involontariamente la guancia ancora calda dell'ultimo sole. La pelle è morbida e liscia. Lei gli prende la mano e la tiene stretta a sé. Hanno quasi smesso di respirare e l'odore del mare li raggiunge. Il mare è l'elemento che li ha in qualche modo uniti per la prima volta, il mare che ha suonato la loro prima canzone e ora li avvolge lieve nella sua coperta si sale e stelle.

Il cielo, forse per l'invidia, ha voluto colorarsi del colore dei capelli di lei, strisce d'oro solcano una cupola scura e le stelle fanno a gara per specchiarsi nei suoi occhi.

Piano scocca l'ora di tornare alla realtà, salgono in auto e lentamente viaggiano alla luce dei fari. Lui guarda la strada immerso nei suoi sogni e Lei è di fianco e probabilmente lo sta guardando con quel suo sorriso indefinibile. La mano di Lei sfiora all'improvviso quella di lui poggiata sul volante e se la porta vicino. Viaggiano così. Ben Webster suona "What am i here for" lentamente, come solo lui sa fare. 

Le luci della città sono vicine e quando la realtà cittadina li colpisce come un pugno nello stomaco Lei stringe più forte la mano di Lui. Sono arrivati, Lui l'accompagna al suo portone e attende che Lei trovi la chiave. Lei apre e prima di scomparire all'interno lo bacia e gli sussurra: "Buonanotte". 

Musica di sottofondo - dissolvenza al nero - The end.