venerdì 25 agosto 2006

Il raggio di sole che filtra dalla veneziana alla finestra è di quelli che annunciano una di quelle meravigliose giornate di fine estate che vorresti non finissero mai. Dalla scogliera appena sotto il balconcino della nostra camera, mi giunge sommesso lo sciabordio delle onde che si appoggiano con leggerezza agli enormi scogli che fungono da fondamenta per la villa che ci ospita. Scovata quasi per caso, girovagando in moto lungo questo tratto di costa, ci ha subito colpito. L'ingresso del vialetto spariva, quasi completamente nascostodalla coltre verde e rossa della pianta di ringosperna che lo avvolge. Ci infiliamo, con il motore sornione che borbotta la minimo, lungo il vialetto di ghiaia. Le ruote sembrano non voler smuovere la coltre bianca di sassolini rotondi e perfetti che stanno carezzando. Qualche metro più avanti, dopo una leggerissima curva a sinistra, intorno ad una grande fontana di marmo grigio in cui leggiadre nuotano piante di ninfea dello stesso colore di un tramonto vespertino, si staglia una villa bianca, con i profili azzurri e le imposte dello stesso colore, che sembra uscita da una delle mie fantasie. Mi fermo, volto la testa verso di te e ti vedo sorridere. Hai la stessa espressione di quando sogni dipinta negli occhi.
Ancora non riesci a scendere dalla moto senza rischiare di farmi cadere ed ogni volta, dopo questa tua ardita manovra, riusciamo a guardarci in viso e scoppiare a ridere come la prima volta. Ed io, oggi come allora, ogni volta impazzisco vedendo quel tuo sorriso che riesce ad illuminare anche le giornate più cupe.
Tre grandi scalini ci portano di fronte all'ingresso: due colonne bianche, affiancate da due grandi vasi di limoni sembrano invitarci ad entrare, penso che se potessimo vederci dal di fuori assomiglieremo ad Hans e Gretel un secondo prima di infilarsi all'interno della casa di marzapane. Appena sorpassato il grande arco, la calura estiva lascia il terreno ad un fresco profumato di fiori, frutti esotici e di spezie odorose. Un odore di zagare riempie l'aria riportandomi alla memoria poesie di D'Annunzio e novelle di Pirandello. Sul lato sinistro dell'atrio una grande scrivania fine '800 che funge da reception, al centro un grande kilim con i colori della casa: il bianco, l'azzurro, il verde acquamarina. A destra, in una nicchia riparata, due poltrone di rattan, con cuscini a righe bianche e blu. Tra di loro un tavolino basso, con il piano in cristallo e sopra di esso, oltre un centro tavola di fiori e frutta fresca, una mezza dozzina di riviste di architettura con le immagini delle case più belle del mondo. Oltre l'atrio si nota una scala in legno che sale aricciandosi verso i piani superiori e più in fondo una vetrata con i profili in ferro battuto, lascia intravedere una terrazza ricolma di piante, fiori multicolori e la promessa di bagni di sole immersi nella tranquillità più assoluta. Siamo totalmente presi da questo spettacolo, quando una voce cortese ci fa sobbalzare. Una signora, sui cinquanta, con indosso un abito di piquè a tubino, che lascia intendere un corpo ancora bello e snello, i capelli del biondo di chi vive sempre all'aria aperta e duo occhi sinceri e simpatici, ci dà il benvenuto chiedendoci cosa possa fare per noi. Le chiediamo una stanza, per un paio di giorni, poi si vedrà. Ci sorride premurosa, ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto per portare i bagagli e quindi voltandosi verso la piccola bacheca a fianco della scrivania prende una delle chiavi appese e si volta facendoci segno di seguirla. Ci dirigiamo verso la scala che avevamo notato in precedenza, saliamo al piano superiore e ci affacciamo su di un corridoio con cinque o sei porte colorate. Da dietro una delle porte si sente il vociare allegro di un bambino o due, da un'altra Eros Ramazzotti intona le prime note de "L'Aurora". Ci fermiamo di fronte l'ultima porta sulla destra. La signora mi cede la chiave e mi invita a passare da lei più tardi per lasciarle i documenti. Si volta, incrocia il tuo sguardo, ti sorride e tu arrossisci teneramente. Apro la porta della stanza: un sogno, il nostro sogno. Non è molto grande, ma è esattamente come l'avevo immaginata quel giorno a Villa Pamphili. Sul fondo un grande letto con un baldacchino in ferro battuto e un velo di tulle che ricade prigramante da un lato. Sulla sinistra la porta di un balconcino che si slancia avventurosamente a picco su di una vista mozzafiato del mare più azzurro che abbia mai visto e di una scogliera di massi neri e lucenti. Oltre il letto sulla destra un settimino piemontese, colorato della medesima tinta della porta e sopra di esso un centro tavola del tutto simile a quello che era nell'atrio e con la medesima funzione di regalare profumi di spezie e frutta fresca. Leggermente discosta la porta della camera da bagno.
Ci guardiamo, non abbiamo ancora scambiato una parolada quando siamo scesi dalla moto. Io non trovo il coraggio di guardarti. E' tutto così semplice, senza pretese, esattamente come il nostro incontro, esattamente come lo avevamo sognato, esattamente come lo volevamo. Mi volto e vedo che mi sorridi, il tuo dito indice sfiora dolcemente il mio braccio, il tuo solito gesto, il tuo solito meraviglioso gesto di quando le parole non possono dire quello che vorresti.
Ti sciogli i capelli che tenevi annodati per infilarmi più comodamente nel casco, ti avvolgi l'elastico colorato intorno al polso e fai scorrere le dita tra i capelli leggermente arruffati. Ti guardo e studio ogni tua mossa, come fosse la prima volta. Un vento leggero penetra nella camera perfettamente fresca, nonostante fuori il sole di Settembre sia ancora brillante e caldo.
Ti avvicini, sento il tuo profumo, vedo i tuoi occhi, sento la tua mano accarezzarmi dolcemente il collo ed ho solo voglia di baciarti, di stringerti, di non lasciarti mai più. Ti appoggi a me, sento il tuo respiro diventare il mio, mi scopro innamorato come non lo sono mai stato, mi scopro pazzo di te, di tutto quello che rappresenti e di quello che in realtà sei. I tuoi occhi, i tuoi capelli, ogni centimetro della pelle mi entra dentro, si conficca dentro di me a mezza strada tra il cuore e l'anima, si piazza tra il mio razionale e l'irrazionale più selvaggio. Volo, metri sopra tutto e sopra tutti, non esisti che tu. Perdo qualunque cognizione del tempo e dello spazio. Sento il profumo delle lenzuola avvolgermi: è profumo di lavanda e di cannella; sono lenzuola dilino, come quelle di una volta, fresche e dolci, come il tuo corpo che ora si stringe a me. Voliamo sopra tutto e sopra tutti. Non esiste più nessun tempo, non esistono le stagioni, i giorni, i mesi, i secondi... nulla!
Il raggio di sole che filtra dalla veneziana alla finestra è di quelli che annunciano una di quelle meravigliose giornate di fine estate che vorresti non finissero mai... Mi volto piano, cercando di non far rumore. Stai dormendo, bella come solo tu sai essere bella, sento leggero il tuo respiro e sotto le lenzuola indovino il tuo corpo nudo. I tuoi capelli si aprono sul cuscino. Bella come solo tu sai essere bella; mi alzo lentamente, il profumo del mare si confonde con quello del caffè che sale dal basso. Esco dalla camera, guardandori ancora una volta, mentre scendo incrocio la signora, mi sorride, ricambio con una gioia che non provavo da anni. Mi procuro un vassoio, due caffè e due croissant ancora caldi; rubo una zagara bianca e profumatissima, rifaccio le scale due alla volta, il piccolo corridoio e trattenendo il respiro apro piano la porta della camera. Dormi ancora, ti sei voltata. Hai le mani infilate sotto il cuscino, vedo il tuo profilo, hai la gamba sinistra leggermente piegata, il lenzuolo è sceso e lascia scoperta una piccola parte delle spalle. Poggio piano il vassoio, mi avvicino ti do un piccolo bacio tra le scapole. Fai un sospiro, hai ancora gli occhi chiusi, ti volti verso di me e sempre senza aprire gli occhi mi prendi il viso tra le mani e mi baci come nessuno mi aveva mai baciato. Buongiorno Amore Mio.

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