Quando penso a Lei, tutto si confonde, tutto ritorna immerso in una nebbia fredda, dove i suoni giungono ovattati ed i contorni si fanno vacui. Se penso a Lei ancora non capisco, tutto si raffredda. Immoto. Senza sentimenti. Senza emozione. Eppure... quando pensavo a Lei tutto sembrava diverso, tutto sembrava possibile. Ogni cosa assumeva una forma nuova, più bella. Qualunque follia era ragionevole se c'era Lei.
Poi oggi ho ripensato a Lei. L'ho vista algida, distaccata, senza più luce nei suoi occhi così belli. Mi parla, ma non riesco a sentirla. Sono riuscito a dimenticarla - mi dico - ora non fa più male.
Bene!
Ma tutto è sempre lì. Nulla viene dimenticato. Come una ferita, come la sua cicatrice che per sempre ti ricorderà quel dolore. Non sai se fa più male ciò che ti ferì o il ricordo di esso. Come vino che invecchia nella cantina umida. Quando il tempo viene, la riscopri, la spolveri, rileggi sull'etichetta quella data immemore e alla luce soffusa decidi. Si apre con dolcezza quel vaso di Pandora che contiene tutto il dolore del mondo. Te lo gusti in silenzio, da solo, soffermandoti ad ogni sorso, per gustare il sapore del dolore, che guarda caso è rima baciata anche con Amore.
Una lacrima scorre lenta, non la rimpiangi, non fai nulla per fermare la sua corsa pazza lunga la curva dolce della guancia. Un lacrima si impiglia tra l'ispido della barba. Rimane ad asciugare piano, senza risentimento. Attende. Un'altro sorso a riscaldarti il cuore, mentri pensi a quell'abbraccio: il gelo di un abbandono.
Se penso a Lei, ricordo la paura. La paura di morire, la voglia di spegnere tutto.
Poi oggi ho ripensato a Lei, al suo viso così dolce in quel ricordo che porto con me, e invece duro e senza amore se lo guardo ancora. Voglia di sfuggire agli occhi, al cuore, alla parola. Se parlo non risponde, se guardo mi evita, se invito sussiegoso diniego.
Allora vuoto la bottiglia, mi gusto il fondo della bottiglia, sollevo in controluce il vetro opaco e penso ancora a Lei, alla luce della candela sollevo il mio bicchiere e bevo all'Amore che mi hai regalato.
Poi oggi ho ripensato a Lei. L'ho vista algida, distaccata, senza più luce nei suoi occhi così belli. Mi parla, ma non riesco a sentirla. Sono riuscito a dimenticarla - mi dico - ora non fa più male.
Bene!
Ma tutto è sempre lì. Nulla viene dimenticato. Come una ferita, come la sua cicatrice che per sempre ti ricorderà quel dolore. Non sai se fa più male ciò che ti ferì o il ricordo di esso. Come vino che invecchia nella cantina umida. Quando il tempo viene, la riscopri, la spolveri, rileggi sull'etichetta quella data immemore e alla luce soffusa decidi. Si apre con dolcezza quel vaso di Pandora che contiene tutto il dolore del mondo. Te lo gusti in silenzio, da solo, soffermandoti ad ogni sorso, per gustare il sapore del dolore, che guarda caso è rima baciata anche con Amore.
Una lacrima scorre lenta, non la rimpiangi, non fai nulla per fermare la sua corsa pazza lunga la curva dolce della guancia. Un lacrima si impiglia tra l'ispido della barba. Rimane ad asciugare piano, senza risentimento. Attende. Un'altro sorso a riscaldarti il cuore, mentri pensi a quell'abbraccio: il gelo di un abbandono.
Se penso a Lei, ricordo la paura. La paura di morire, la voglia di spegnere tutto.
Poi oggi ho ripensato a Lei, al suo viso così dolce in quel ricordo che porto con me, e invece duro e senza amore se lo guardo ancora. Voglia di sfuggire agli occhi, al cuore, alla parola. Se parlo non risponde, se guardo mi evita, se invito sussiegoso diniego.
Allora vuoto la bottiglia, mi gusto il fondo della bottiglia, sollevo in controluce il vetro opaco e penso ancora a Lei, alla luce della candela sollevo il mio bicchiere e bevo all'Amore che mi hai regalato.
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