giovedì 19 aprile 2007

Musica

La luce del sole, ormai alto, filtra serpeggiando tra l’anta del balcone aperto e le tende bianche, di tessuto leggero che sembrano ballare un bolero silenzioso con l’aria che le attraversa.

Dal basso il rumore delle onde che continuano ad accarezzare i grandi scogli sotto la nostre finestra, si confonde con quello di una musica conosciuta, ma indistinta. La tua mano è appoggiata alla mia. La tua, scura, abbronzata, con le unghie lunghe e ben curate, la mia molto più chiara, con le unghie sempre rovinate e le dita un po’ storte. Mi giro piano ed una briciola, ricordo della colazione che ti ho portato questa mattina, mi solletica la spalla. Dormi ancora. Gli occhi chiusi, incorniciati da ciglia lunghe come il tempo ed il sorriso dipinto sul viso. La tua pelle scura, quasi quanto i tuoi capelli gioca un contrasto magnifico con le lenzuola bianche. Mi volto completamente e rimango folgorato dalla visione di Te. Sei li magnifica e bella, esattamente come ti avevo sognato, esattamente come il cuore mi diceva che doveva essere. Dormi tranquilla, tranquilla come una bambina. Dormi come sempre ti ho visto dormire: il viso di profilo sul cuscino, i tuoi capelli incoronano un viso che non dimenticherò per quanti anni vivrò ancora. Hai le mani infilate sotto il cuscino. Scorro con lo sguardo la tua schiena che disegna una dolcissima esse. La tua gamba sinistra è piegata verso l’alto mentre l’altra e distesa sotto il lenzuolo che lascia indovinare forme del tuo corpo che avrei voglia di scoprire ed accarezzare se non fosse per la paura di svegliarti dai tuoi sogni. Dormi ed è meraviglioso rimanere li a guardarti, a studiare la mappa dei tuoi nei. È meraviglioso essere li, dopo tutto quello che abbiamo vissuto in questi due giorni. Due giorni meravigliosi che abbiamo rubato ai nostri mondi estranei. Abbiamo rubato quarantotto ore al mondo che ci imprigiona. Abbiamo pregato perché tutto ciò si potesse avverare. Due giorni soli, rubati alla solitudine e alla voglia di amare e di sentirsi amati. Continuo a guardarti, non riesco a distogliere gli occhi dal confine chiaroscuro del segno del costume. Sono quasi ipnotizzato. Ti giri lentamente, emetti un gemito di sonno sommesso. Mi viene da ridere. Ora ti vedo di fronte: hai il seno scoperto. Sembri accorgerti di quanto sta accadendo. Apri un occhio e mi guardi. Il sorriso ti si allarga sul viso. Hai già capito tutto. Richiudi dolcemente l’occhio ed arricci un paio di volte l’indice della mano sinistra:”Vieni…”. Mi abbasso su di te e come al solito trovo il tuo abbraccio caldo ad accogliermi. Ti bacio le palpebre, la bocca, tu allunghi il collo porgendomi il collo, scendo lungo il tuo mento. Ridi, per il solletico che ti procuro con la barba ormai lunga. Il tuo profumo è una droga, o meglio il tuo odore mi ricorda il mare, la pelle dopo il bagno, quando il sale, lasciato ad asciugare al sole si incastona tra i pori della pelle. È un odore che ricorda la libertà, la gioia, il sorriso.

Mi stai guardando, come al solito sogno ad occhi aperti, sorridi, gli occhi tuoi sono teneri e pieni di amore. Con la mano destra cerchi il lenzuolo e lo tiri verso di te. Ti sei accorta di avere il seno scoperto ed arrossisci. Vorrei fare o dire qualcosa per farti capire quanto sono innamorato di te, ma non trovo nulla di meglio che rimanere in silenzio ed immobile, facendo scorrere il mio dito indice sul tuo braccio. Rimaniamo così ad ascoltare il frangersi delle onde ed il sussurro del vento tra le tende, il profumo di lavanda e cannella delle nostre lenzuola.

Mi sei mancata così tanto che ora non mi sembra vero averti qui tutta per me. Ora sei qui, vicino a me. Dolcemente tra le mie braccia, meravigliosa quando guardi ancora di sottecchi il mio tatuaggio.

Ci eravamo svegliati presto questa mattina, avevamo fatto colazione a letto, poi tu mi avevi preso tra le braccia…

Lancio svogliatamente un occhiata all’orologio che avevo poggiato ieri sera sul comodino azzurro a fianco al letto, segna le 13,45. In pratica abbiamo passato l’intera mattina chiusi in camera. Ti scuoto dolcemente e tu come sempre da quando ti conosco mi guardi, sorridi, allarghi le braccia. Fra qualche ora dovremmo ripartire e forse sarebbe bene mangiare qualcosa prima di rimettersi in moto.

Ci vestiamo velocemente. Ti guardo mentre ti vesti e penso che non ci sia nulla di più meraviglioso di te. Indossi reggiseno e mutandine coordinate, semplici, ma sembrano la cosa più sexy che abbia mai visto. Sopra un t-shirt bianca e un paio di jeans. Leghi i capelli in quel modo così meraviglioso da lasciarmi incantato. Sono i tuoi gesti, quelli semplici che fai tutti i giorni da quando ti frequento eppure, ancora oggi non so spiegarmene il motivo, questi gesti mi affascinano e mi stregano legandomi ogni momento di più a te.

Percorriamo il corridoio, scendiamo la ripida rampa di scale. La signora che ci ha accolto all’arrivo ci vede e le si accende su volto un sorriso incantevole quasi quanto il tuo. Tu mi prendi la mano e la stringi, con l’altra infili gli occhiali e cominci a camminare con il naso lievemente all’insù. Arriviamo alla scalinata, quei tre gradini che ci hanno dato il benvenuto ci aspettano assolati, la ghiaia del vialetto scricchiola sotto i tuo sandali con il tacco, lievemente e dolcemente. L’ombra del grande buganvilee ci traghetta fuori dalla nostra pensione. È caldo, ma è lieve passeggiare per questo piccolo paesino affacciato sul mare. L’odore intenso dell’acqua salmastra, la brezza che gioca con i tuoi capelli, questo sole settembrino che bacia innamorato il tuo viso, tutto sembra creato apposta per noi due. Poche persone, percorrono queste viuzze, fino a qualche giorno fa affollate come il Corso di una grande città. Oggi regna il silenzio sonnacchioso dei giorni di festa: un regalo per noi.

Ci fermiamo di fronte ad un ristorantino che appoggia i suoi tavolini sulla banchina del porto, quasi a ridosso della bitta dove sono ormeggiati un paio di pescherecci bianchi e azzurri. Tovaglie semplici, apparecchiate con piatti di un bianco abbagliante, due bicchieri ed al centro una candela mezza consumata e spenta. Il profumo delle pietanze a base di pesce ci accarezza lo stomaco, come al solito non ci servono parole, quello è il tavolo che abbiamo prenotato il primo giorno che ci siamo conosciuti.

Ci sediamo, l’uno di fronte all’altro, il sole è ancora alto, leggermente più basso dello zenit, gioca a far splendere i tuoi capelli con i colori della gioia e della felicità.

Sembra tutto un sogno, tutto talmente bello da sembrare il sogno sempre sognato di uno scrittore alle prime armi. Ti guardo come ti guardo dal primo giorno che ho realizzato che si parlava di sentimento condiviso, ancora oggi incredulo, ancora oggi stupito dal fatto che Tu possa trovare qualcosa in me. Ti amo, ti ho sempre amato, ti amo così da prima di conoscerti, da prima di sapere che esistevi. Ti amo perché la cosa che voglio di più è starti vicino, sentire il tuo respiro mentre dormi tranquilla al mio fianco, sentire il tuo dito accarezzare piano il mio braccio, sentirti ridere e vedere i tuoi occhi riempirsi di gioia bambina. Oggi la frase più semplice da dire è: “Ti amo”. Non volermene, ma mentre ti guardo, incorniciata dal sole più bello del mondo, mentre facendo finta di stiracchiarti allunghi le tue braccia verso di me. Le tue mani alla ricerca delle mie mani. Intrecci le tue dita alle mie ed io mi perdo per l’ennesima volta nello splendore di due occhi che mi strabiliano e mi trascinano dentro di loro ogni volta che trovo il coraggio di specchiarmici.

Mi stai raccontando di qualcuno dell’ufficio, ma io, completamente rapito dai miei pensieri non ho ascoltato una parola. Quando te ne accorgi fai finta di mettere il broncio. È solo un attimo, sai perfettamente a cosa pensavo. Ci si avvicina solerte un cameriere, alto e allampanato, ha un grosso naso e due orecchie a sventola enormi, inoltre ha il viso addobbato con due baffetti alla Clark Gable, veramente irresistibili. È la simpatia fatta persona. Ci comunica seduta stante di chiamarsi Giorgio e che non è un cameriere qualsiasi, bensì il proprietario del locale e che per oggi avrà l’onore di essere lui la nostra guida nel fantastico mondo culinario che conduce. Gli lasciamo carta bianca e ci affidiamo al nostro novello Virgilio per scoprire le meraviglie di questo Paradiso della Cucina. Giorgio si allontana con un sorriso soddisfatto sotto i baffetti.

Mentre aspettiamo fiduciosi la nostra attenzione viene catturata da due persone che arrivano più o meno dalla medesima direzione dalla quale siamo arrivati noi. Anche l’andatura e il modo di tenersi per mano li fa rassomigliare in maniera sconvolgente a noi. La grande differenza risiede però nella loro età, sono molto più vicini ai settanta che ai sessanta. Quello che sorprende, anche a questa distanza, è la luce nei loro occhi, il modo che hanno di guardarsi, di parlarsi. Si tengono stretti, osservano il mare, il cielo, con gli occhi dell’amore. Sono eleganti e distinti, vestiti con le tinte pastello del mare, si avvicinano ad uno dei tavoli vicino al nostro. Solo ora mi rendo conto di quanto sciocco sia stato io: lui la precede teneramente per arrivare al tavolo qualche secondo prima di lei, sposta la sedia, la fa accomodare e le avvicina la sedia. Qualcosa lo trattiene per un attimo, quindi, da dietro le avvicina le labbra tra il collo e l’orecchio destro, ornato di una magnifica perla, e la bacia teneramente con la gioia di un ventenne. Lei non si sorprende. Allunga leggermente il collo ed un sorriso dolce le increspa le labbra. Lui gira intorno al tavolo si siede di fronte e lei con un gesto che conosco bene allunga le braccia sul tavolo e cerca le dita di lui per intrecciarle alle proprie.

Anche tu ti sei accorta di quanto è accaduto appena a qualche metro da noi. Mi guardi, sorridi, più con gli occhi che con la bocca ed io mi scopro di amarti da sempre.

1 commento:

Anonimo ha detto...

..semplicemente fantastico :)
Ars